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Una cura in quattro rimedi


Iniziò a studiare filosofia da ragazzino. All'epoca, siamo nella Grecia del IV-III secolo a.C., il termine filosofia era pregno di un significato profondo, di un impegno verso sé stessi e la società, intesa come qualcosa che supera le barriere spazio-temporali. Oggi questo significato, questo senso di impegno-dovere, si è impoverito e decurtato. Non è più considerato essenziale. La filosofia oggi, salvo rare eccezioni, è un termine che si è svuotato del suo intrinseco valore.

Da allora ad oggi in comune resta solo il mero retaggio formale del termine: amore per la sapienza, o amore per la saggezza. Nel mezzo, secolo dopo secolo, il termine di derivazione greca (ϕιλοσοϕία) perse il suo tratto distintivo, rimpiazzandolo con surrogati che avallassero le varie ideologie che le impellenti contingenze politiche e militari partorivano nell'intento di assicurarsi i loro obiettivi economici e territoriali.

Non si può spiegare a parole l'anima di certi termine. Questa anima può essere intuita solamente frequentando chi vive in simbiosi con essa, chi e si prefigge di scoprirla senza risparmiarsi. Non ci sono alternative, che non siano, appunto, svilenti surrogati.

Epicuro, importante filosofo greco (341 a.C. - 270 a.C), iniziò a studiare filosofia e a viverla dall'età di 14 anni. A suo dire, lo scopo della vita è il raggiungimento della felicità, la quale si ottiene attraverso il piacere - definito come assenza di dolore fisico (aponia), o edonismo non sfrenato - e l'assenza di turbamento dell'anima (atarassia), ovvero, l'indifferente serenità del saggio che, raggiunto il dominio sulle proprie passioni, è imperturbabile di fronte alle vicende del mondo.

Epicuro classificò i desideri in tre categorie:

- naturali, come il cibo, l'acqua, e un rifugio;
- naturali ma non necessari, come il lusso o i piaceri raffinati;
- non naturali e non necessari, come il desiderio di potere o ricchezza.

Pertanto, il piacere - quale mezzo per raggiungere la felicità, scopo della vita - non consiste nell'accumulo di beni materiali o nel soddisfacimento illimitato dei desideri, bensì nella moderazione e nella saggezza.

Nella sua visione, la filosofia è uno strumento per liberare l'uomo dalle paure, come quella della morte e degli Dèi. Questo lo portò a suggerire una "cura in quattro rimedi", il famoso tetrafarmaco:

• Non temere gli Dèi.
• Non temere la morte.
• Il bene è facile da ottenere.
• Il male è facile da sopportare.

Analizzando questi punti, andando oltre la formale apparenza, lo spaccato che ne deriva è un insegnamento molto profondo, valido in ogni epoca e luogo.

Per garantirsi una vita felice, l'uomo dovrebbe soddisfare solo i desideri naturali e necessari. Questo implica che egli lavori su sé stesso, al fine di rimuovere le stratificazione dovute ai "luoghi comuni", che lo inganna e lo imprigiona; come ad esempio la riprova sociale.

A tale scopo, necessita di una "Stella Polare", la quale non può essere un'autorità, spesso priva di autorevolezza. É l'autorevolezza a dare luogo all'autorità, proprio come un fiore diffonde la fragranza. Quando l'autorità assume carattere impositivo perde l'autorevolezza. Non è il profumo a creare il fiore. Come conseguenza, la consapevolezza trasla dalla Luce all'ombra.

L'ombra, l'ignoranza, è figlia dell'ostacolo. Per rimuoverlo, un mezzo efficace, è l'auto-indagine, il guardarsi dentro. L'uomo deve interrogarsi profondamente sul perché ha paura degli Dèi, (l'oggetto della paura), e scoprire se in verità teme maggiormente i Loro "amministratori" (i creatori della paura).

Nella via spirituale la disciplina è l'autorità che, senza coercizione, instrada il praticante verso l'essenza, dall'ombra alla Luce. In tale tragitto, uno stadio fondamentale è il "filosofo-re", l'autorevole che, attraverso la saggezza e la virtù non imposta, ispira e guida gli altri: servizio altruistico.


FONTE: t.me/s/SriSathyaSaiGuru



Dio è Unità


Non siamo antisemita! Non odiamo nessuno per principio. Seguiamo l'insegnamento: odia il peccato, non il peccatore.

Però, concordiamo appieno, sebbene con meno foga, con il Mosè qui raffigurato.

Dio, se vuole, può certamente elevare un popolo al di sopra degli altri, tuttavia, non lo autorizzerebbe a sterminarne gli altri popoli, ad affamare e uccidere altri Suoi figli. Soprattutto, quando quel popolo che si mette a ferro e fuoco, da un punto di vista storico, ospita l'aggressore da svariati secoli. Dio, fra le varie cose, insegna pure la gratitudine.

Quando Mosè liberò il popolo Ebraico, fu risoluto, ma mai aggressivo. Mai mise sotto assedio l'Egitto, né lo maledisse.

Come suggerisce Bhagawan, preghiamo per il bene dell'intero universo, non per una sua frazione. Preghiamo per Amore della preghiera in sé.
Preghiamo in gruppo, in collettività, e chi può si unisca al canto comunitario del Gayatri Mantra.


FONTE: t.me/s/SriSathyaSaiGuru